Una fotografia impietosa. Ecco i debiti del Comune di Verona dopo cinque anni di amministrazione Tosi

Sommando i debiti del Comune di Verona, e delle aziende da esso direttamente controllate, ci si avvicina alla ragguardevole cifra di 900 milioni di euro (891 per la precisione). Il patto di stabilità, se fosse obbligatorio far rientrare nei conti anche i bilanci delle attività controllate dagli enti locali, sarebbe ampiamente sforato. Invece, tenendo i bilanci separati, sono addirittura possibili operazioni di compravendita, con l’apparente scopo di far quadrare i conti ma con la conseguenza di aumentare il debito. Vediamo, dati concreti, come ciò è reso possibile. La vendita di Amia ad Agsm rappresenta soltanto l’ultimo di una serie di escamotage a cui Palazzo Barbieri è ricorso negli ultimi quattro anni per tenere in piedi i bilanci comunali. Nel 2011 le casse comunali erano state salvate soltanto grazie alla vendita di quote della Fiera, per un totale di 26 milioni di euro. Nella seconda metà del 2009 era toccato ad Agec (società partecipata al 100% dal Comune di Verona) indebitarsi per 40 milioni rilevando le 13 farmacie comunali che già gestiva. E sempre Agec, appena un anno prima, si era fatta carico dei 359 dipendenti delle mense comunali che Palazzo Barbieri aveva “esternalizzato” al solo scopo di ridurre l’incidenza del personale sulla spesa corrente e sfuggire così alle maglie del patto di stabilità. Anche come conseguenza di queste scelte Agec ha aumentato il suo indebitamento dai 20 milioni del 2007 ai circa 67 milioni dichiarati al 31 dicembre 2010 e l’ultimo bilancio Agec era in rosso di circa 7,5 milioni di euro. Sempre stando agli ultimi dati ufficiali, Agsm viaggia con un indebitamento attorno ai 270 milioni di euro, circa metà del suo fatturato, e quando rileverà Amia (per 30 milioni di euro secondo le prime stime) dovrà incorporare anche i suoi debiti che alla fine del 2009 (ultimo bilancio pubblicato) ammontavano a 16 milioni verso le banche più altri 14 milioni verso i fornitori. Situazione particolarmente difficile per Amt, ex azienda dei bus ora riconvertita alla gestione della sosta: al 31 dicembre 2010 doveva 15 milioni di euro a Palazzo Barbieri, tra canoni degli stalli non pagati e utili non conferiti. Qui la vicenda si complica perché da ormai due anni è anche scaduta la concessione per la gestione della sosta e oggi una legge impone che sia una gara pubblica a decidere chi si aggiudicherà il servizio dal quale deriva l’unica fonte di reddito della municipalizzata. Se poi consideriamo che Amt ha il compito di realizzare, per conto del Comune, il filobus, indebitandosi con le banche per circa 80 milioni di euro, ecco che la domanda viene spontanea: con quale altro sistema si farà fronte al mutuo da 80 milioni nel caso in cui Amt perdesse la gara? Infine c’è il Comune: a quanto ammonta il suo indebitamento? Nel rendiconto di esercizio del 2010 erano iscritti debiti per quasi 400 milioni di euro. Una bella cifra, sulla quale non sono in vista operazioni a breve termine, considerato che il debito è stato già “ristrutturato” nel 2006 con un’operazione di “derivati” che, stando alle ultime dichiarazioni dell’amministrazione, sarebbe pure conveniente. Ma se mettiamo tutto insieme, come vorrebbe una delle tante riforme invocate negli anni scorsi anche per gli enti pubblici, che prevede un bilancio consolidato, cioè una specie di rendiconto di “gruppo”, allora, altro che patto di stabilità: Verona sarebbe fuori da ogni grazia di Dio, e la polvere uscirebbe da sotto tutti i tappeti. Michele Marcolongo
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