Tra gli applausi della gente venuta a Santa Maria Maggiore ad ascoltarlo, un bambino accompagnato da don Fabiano Forafò porge a don Luigi Ciotti un cubo di cartone, decorato coi pensieri per la pace che saliranno al cielo con i palloncini colorati della festa del Grest. L'assessore Marco Soave gli consegna una targa del Comune. Un abbraccio a don Sergio Pighi, il fondatore della Comunità dei giovani che è venuto a salutarlo. Poi il capo scorta fa un cenno perentorio: la macchina col lampeggiante è pronta giù dagli scalini della chiesa. Sono già passate le 23. Il corteo si avvia veloce nella notte: destinazione Torino.
Don Ciotti ha appena concluso l'incontro sulla legalità, ha parlato per un'ora e venti minuti, con un'altra buona mezz'ora per le repliche alle domande. Ha dato tutto quello che aveva: è stremato. Prega a occhi chiusi. La gente alla fine del suo discorso gli ha tributato un applauso lunghissimo e intenso, un vero abbraccio. Don Luigi ha colpito nel segno con le sue storie di mafia, di libertà negata, di dignità calpestata, di rivendicazione a voce alta del Vangelo e dei valori della Costituzione, «le mie due guide fondamentali».
Coi volti che ripassano sullo schermo, dentro una storia che sembra un incubo e dalla quale non si intravvede l'uscita dal tunnel: Pio La Torre, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, don Pino Puglisi, don Peppino Diana, gli agenti delle scorte morti negli attentati che non finisce mai di ringraziare. Un martirologio civile e religioso che ha contrassegnato anni di contrapposizione alla criminalità organizzata e che ha portato il «prete di strada» a fondare Libera. L'anatema di Giovanni Paolo II, nella valle dei Templi ad Agrigento, il 9 maggio 1993, raccontato da un testimone: «Nulla faceva prevedere quell'intervento. Tutto era stato programmato, come nelle visite papali». Ma prima di arrivare lì c'era stato l'incontro del papa nella casa dei genitori del giudice Rosario Livatino, ucciso a 37 anni.
Racconta don Ciotti: «Il Papa mi ha stretto forte, mi ha confidato la mamma del giudice. Ha voluto vedere la stanza, leggere il diario di mio figlio. Poi la messa e alla fine, ancora col pastorale di Paolo VI, il papa polacco che scaglia parole di fuoco ai responsabili. Quel 'Convertitevi, una volta verrà il giudizio di Dio' che ha segnato un vero spartiacque. Per il giudice Livatino è iniziato il processo di beatificazione».
E un altro fatto: «In Calabria c'è un campo di calcio, realizzato su un fondo confiscato alla 'ndrangheta, che è stato inaugurato due volte. In otto anni i ragazzi di quel paese non ci hanno mai giocato. Per la seconda inaugurazione nessun pullman è arrivato per ordine di qualcuno. Succede in Italia oggi: il presidente della Federazione, Luigi Abete, mi ha promesso che lì presto ci giocherà la Nazionale».
Libertà, etica, legalità: un percorso che parte dall'intimo della coscienza e diventa scelta civile. Da realizzare tutti insieme. Parola di don Ciotti che ha dato a tutti l'appuntamento per il 25 settembre alla Marcia della pace da Perugia ad Assisi. Belle le note di «A wonderful world», il commento musicale firmato da Fabrizio Olioso e dalla sua family band.
Lino CattabianchiDon Ciotti ha appena concluso l'incontro sulla legalità, ha parlato per un'ora e venti minuti, con un'altra buona mezz'ora per le repliche alle domande. Ha dato tutto quello che aveva: è stremato. Prega a occhi chiusi. La gente alla fine del suo discorso gli ha tributato un applauso lunghissimo e intenso, un vero abbraccio. Don Luigi ha colpito nel segno con le sue storie di mafia, di libertà negata, di dignità calpestata, di rivendicazione a voce alta del Vangelo e dei valori della Costituzione, «le mie due guide fondamentali».
Coi volti che ripassano sullo schermo, dentro una storia che sembra un incubo e dalla quale non si intravvede l'uscita dal tunnel: Pio La Torre, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, don Pino Puglisi, don Peppino Diana, gli agenti delle scorte morti negli attentati che non finisce mai di ringraziare. Un martirologio civile e religioso che ha contrassegnato anni di contrapposizione alla criminalità organizzata e che ha portato il «prete di strada» a fondare Libera. L'anatema di Giovanni Paolo II, nella valle dei Templi ad Agrigento, il 9 maggio 1993, raccontato da un testimone: «Nulla faceva prevedere quell'intervento. Tutto era stato programmato, come nelle visite papali». Ma prima di arrivare lì c'era stato l'incontro del papa nella casa dei genitori del giudice Rosario Livatino, ucciso a 37 anni.
Racconta don Ciotti: «Il Papa mi ha stretto forte, mi ha confidato la mamma del giudice. Ha voluto vedere la stanza, leggere il diario di mio figlio. Poi la messa e alla fine, ancora col pastorale di Paolo VI, il papa polacco che scaglia parole di fuoco ai responsabili. Quel 'Convertitevi, una volta verrà il giudizio di Dio' che ha segnato un vero spartiacque. Per il giudice Livatino è iniziato il processo di beatificazione».
E un altro fatto: «In Calabria c'è un campo di calcio, realizzato su un fondo confiscato alla 'ndrangheta, che è stato inaugurato due volte. In otto anni i ragazzi di quel paese non ci hanno mai giocato. Per la seconda inaugurazione nessun pullman è arrivato per ordine di qualcuno. Succede in Italia oggi: il presidente della Federazione, Luigi Abete, mi ha promesso che lì presto ci giocherà la Nazionale».
Libertà, etica, legalità: un percorso che parte dall'intimo della coscienza e diventa scelta civile. Da realizzare tutti insieme. Parola di don Ciotti che ha dato a tutti l'appuntamento per il 25 settembre alla Marcia della pace da Perugia ad Assisi. Belle le note di «A wonderful world», il commento musicale firmato da Fabrizio Olioso e dalla sua family band.
http://www.larena.it/stories/Provincia/274864__legalit_don_ciotti_sferza_le_coscienze/
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